Nella definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale che spetta di diritto a tutta la popolazione mondiale.
Si stima che il 23% delle morti a livello globale siano legate a cause ambientali di diverso tipo, tra cui qualità dell’aria e cambiamento climatico.
In relazione a quanto sta avvenendo in questi mesi con la pandemia legata al nuovo Coronavirus SARS-CoV-2, pur essendo ancora presto per tirare delle conclusioni scientificamente accurate, si possono però accennare alcune considerazioni che sono già oggetto di studi preliminari.
COVID-19 E QUALITA’ DELL’ARIA
Una recente relazione pubblicata da un gruppo di ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale, dell’Università di Bologna e di Bari traccia una correlazione tra l’inquinamento da particolato atmosferico (PM) e la diffusione del COVID-19. La pubblicazione, pur essendo ancora parte di uno studio preliminare, evidenzia come un’elevata concentrazione di PM in Pianura Padana nel periodo 10-29 febbraio possa avere agito da boost alla diffusione virulenta dell’epidemia. E’ infatti già noto da studi precedenti, che il particolato atmosferico funziona da vettore di trasporto per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. Inoltre l’esposizione più o meno prolungata ad alte concentrazioni di PM aumenta la suscettibilità a malattie respiratorie e cardiovascolari, peggiorando dunque la situazione sanitaria dei contagiati.


COVID-19, CAMBIAMENTO CLIMATICO E PERDITA DI BIODIVERSITA’
Lo stravolgimento del sistema climatico globale è innescato dal cambiamento della composizione dell’atmosfera dovuto all’immissione di sostanze derivate dall’uso di combustibili fossili. Queste modifiche sono ormai scientificamente provate quali conseguenze del moderno modello di sviluppo sul quale si basano le nostre economie. Uno studio pubblicato di recente da un team internazionale di scienziati che fanno capo al Dipartimento di biologia e biotecnologie della Sapienza di Roma e del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation mette in relazione il fenomeno della diffusione delle malattie infettive con l’azione dell’uomo sulla natura.
Si stima che circa il 60% delle nuove malattie che ogni anno compaiono sulla terra siano di origine zoonotica (Ebola, Zika, SARS, MERS, H1N1, per citarne alcune) e negli ultimi anni il numero di nuove malattie aumenta sempre più. Questa crescita trova spiegazione in parte nei cambiamenti che stiamo imprimendo all’ambiente. Il modo in cui le attività antropiche influiscono sulle aree naturali e sugli animali selvatici influenza il rischio di insorgenza di nuove pandemie.
Alte densità di popolazione umana, livelli insostenibili di caccia e di traffico di animali selvatici, perdita di habitat naturali (soprattutto foreste) che aumenta il rischio di contatto tra uomo e animali selvatici e l’intensificazione degli allevamenti di bestiame (specie in aree ricche di biodiversità) sono associati ai recenti focolai di malattie infettive. Dobbiamo considerare che come specie siamo cresciuti in collaborazione con il pianeta e la vita con la quale viviamo. Quindi, quando cambiamo le regole del gioco, non dovremmo aspettarci che questo non influisca sulla nostra salute, nel bene e nel male. Questo è vero per il clima. E lo stesso principio vale per la comparsa di infezioni.
Il cambiamento climatico porta con sé forti migrazioni di specie animali dalle zone di origine ad aree dove entrano in contatto con altre specie. In questo modo gli animali portatori di agenti patogeni trasmettono il patogeno ad altri animali che non ne erano portatori e che potrebbero essere vulnerabili alle nuove infezioni. Magari animali che, per cultura o per perdita di habitat, sono entrati in contatto con l’uomo. Lo stesso meccanismo che è stato dimostrato essere la causa della SARS e che potrebbe essere entrato in gioco anche nella diffusione del nuovo coronavirus.

CONCLUSIONI
Ognuno di questi argomenti merita di essere approfondito soprattutto in vista di future ulteriori emergenze come quella che stiamo vivendo in questi giorni. Future pandemie, anche più gravi dell’attuale, hanno buona probabilità di accadere: l’urbanizzazione, l’industrializzazione e la globalizzazione hanno trasformato nel bene e nel male il nostro rapporto con il mondo naturale ed accresciuto la nostra vulnerabilità.“Shake a tree, and something falls out“ scriveva nel 2012 David Quammen nel suo libro “Spillover. L’evoluzione delle pandemie”. E quell’albero lo stiamo scuotendo pericolosamente.